Alla mia amatissima Bubu, del giardino il più bel fiore, perché si ricordi sempre dei suoi nonni.

lunedì 18 gennaio 2016

La vendemmia


LA VENDEMMIA



A quí tempi, semo ne l’anni sessanta, sin doppo el ghiéci ottobre un z’agumincièva a vendemmière. La matina presto s’atacchèva  le vacche¹ al carro, se carchèva le casse, i cistoni, i cistelli,² eppù se giva ne’ campi e s’agumincèva a corre³ da ’na parte e se giva avanti finché un z’era funito. Alora un c’ereno le vigne, come ora, le vite4 ereno tutte su le prode5 perché drento a le prese o ai preselli6 ce se duviva sementère el grèno7 e tutta quel’altra robba che ce sirviva per mangère. L’uvva se cugliva col runculino8 e ugnuno ciaiva el zuo.9 De l’uvva bianca s’acappèva10 quela più meglio per ataccalla o stendela ne’graticci11 e a fine anno ce se faciva el vinzanto. Quande le casse e i cistoni ereno pieni, col carro se portèveno ’n cantina, se scarchèva, eppù el carro appartiva. In cantina c’era sett’otto tra citte e bordellotti12 che duviveno lavorè ll’uvva prima de buttalla drento al tino. I bordelli mittiveno l’uvva drento a de le bigonce13 e le citte a piedi scalzi14 l’aciacchèveno15 per rompere l’aceni. Per i bordelli era ’na guduria16 perché per fè qquel lavurino, le citte se tirèveno su le sottène,17 cusìe gni putiveno guardè lle gambe. Se giva avanti cusìe finché un z’era funito. A la mezza18 a queli ch’ereno nel campo le donne gni portèveno da mangère, queli ch’ereno ’n cantina mangèveno ’n chèsa, la sera ’nvece se disinèva19 tutti inziemi. Se lavorèva anco doppo disena, perché queli ch’ereno ni’ campi cugliveno fino al cumbrugliume20 e tutta l’uvva andèva sistemèta prima de gire a fè nna bella ghiattita.21 Quande l’uvva era funita, se cupriveno i tini con una rete finarina22 perché alora c’era i topi e si qualcuno ce cadiva drento putivi buttè vvia el ranno e ’l zapone.23 Tutti i giorni bisognèva mandè ggiù l’uvva24 sinnò piglièva l’aceto e doppo ghieci giorni se svinèva.25 El vino bono se mittiva drento a le botti, quelo che invece viniva da la strittura, se mittiva da sé. Quande s’era funito, le vinacce se carcaveno e se porteveno sui campi ’ndù faciveno el concio,26 perché alora un ze buttèva gnènte. Per tutti queli c’aiveno aiutèto, c’era el pendelo.27

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note:

¹  s’atacchèva le vacche. Si aggiogavano le mucche al carro.
2  i cistoni e i cistelli. Recipienti di vimini intrecciati di varie dimensioni provvisti di manici.
  s’agumincièva a corre. Si cominciava a cogliere.
4  le vite. Le viti.
5  su le prode. Sui margini del campo.
6  a le prese o ai preselli. Sui campi più grandi e più piccoli.
7  sementère el grèno. Seminare il grano.
8   runculino. Roncetto ricurvo.
9  ciaiva el zuo. Aveva il suo personale.
10 s’acappèva. Si sceglieva.
10 graticci. Stuoie di vimini.
11 citte e bordellotti. Ragazze e ragazzi.
12 bigonce. Recipienti di legno bassi e larghi.
13 a la mezza. A mezzogiorno.
14 a piedi scalzi. A piedi  nudi.
15 l’aciaccaveno. La pestavano per frantumare gli acini.
16 guduria. Piacere.
17 tirèveno su le sottène. Dovevano sollevare le gonne.
18  a la mezza. A mezzogiorno.
19 se disinèva. Si cenava.
20 cumbrugliume. Imbrunire.
21 ghiattita. Dormita.
22 rete finarina. A maglie strettissime.
23 buttè vvia el ranno e ’l zapone. Avevi lavorato per niente e dovevi buttare via tutto.
24 mandè ggiù l’uvva. Rimescolare l’uva spingendola con un pestello verso il fondo del tino.
25 se svinèva. Si toglieva il vino dal tino.
26 faciveno el concio. Servivano da concime.
27 el pendelo. Il pendolo era formato da molti grappoli di uva legati insieme.

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